di Samuel Cogliati Gorlier •
Tra 2024 e 2025 l’intelligenza artificiale ha fatto un chiaro balzo in avanti. Oggi ormai la parte generativa di questa tecnologia si vede e si tocca con mano in molti luoghi, soprattutto virtuali, a iniziare dai social network. È utilizzata (e talora rivendicata) da sempre più persone (e spesso professionisti). Intanto le istanze ufficiali (istituzioni politiche e giuridiche) si stanno arrovellando per decidere quali limiti imporle, o anche dove, quando e come prescrivere l’obbligo di trasparenza, attraverso avvisi, avvertenze, ecc.
I vantaggi dell’IA in termini di rapidità e comodità, come per tutti gli strumenti automatici, sono evidenti. Si risparmia tempo ed energie, il più delle volte non per dedicarlo a sé o a cose più importanti, ma per incrementare la produttività. Ovvero: ci preoccupiamo di poter produrre di più, prima e più in fretta, e poco importa se produciamo contenuti meno densi, più vacui e più anonimi.
Proprio l’anonimato mi pare una questione cruciale di questa faccenda. In effetti, quando chiediamo a un’IA di generare un contenuto, questa procede attraverso un rastrellamento e un’elaborazione statistica di quanto disponibile in rete, per produrre una risposta plausibile. E, dicono i dati e gli eventi, spesso ci azzecca. Per chiunque di noi possieda competenze specifiche in un dato settore del sapere è facile constatare come un prodotto di IA sia il più delle volte, se non esatto, piuttosto vicino a una certa credibilità. Basta poi rielaborare questa “base” con competenze umane per affinarla e perfezionarla; et voilà, il risultato può considerarsi tecnicamente perfetto. (Non entriamo qui e ora nella questione di quanto tempo occorrerà affinché quest’ultimo passaggio divenga inutile o superfluo).
Questo risultato finale, sia esso frutto della sola procedura dell’IA o di una bozza rivista e corretta da un umano, corrisponde a quello che avrebbe prodotto un umano senza l’utilizzo dell’IA? Probabilmente no. Magari può anche essere migliore, più completo, più esaustivo, perché la procedura statistica dell’IA ha saputo scovare e includere informazioni di cui sono disponevamo o che da soli non avremmo trovato.
Ma il punto fondamentale mi sembra il seguente: la produzione ottenuta grazie all’IA in realtà non esiste. Non esiste un soggetto che sappia quelle cose, non esistono le competenze messe a frutto per elaborare il prodotto, non esistono alcuna personalità né stile originali capaci di generare quel risultato. È mera statistica. Quell’“opera” è finta. È falsa. È inesistente. È tutta una questione di realtà. •
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